
Biografia di Don Fabio Fantoni.
Nato a Varese (VA) il 12/06/1963
Ordinato sacerdote nel Duomo di Milano il 08/06/1991
Dal 1991 al 1996 Vicario parrocchiale presso la Parrocchia S. Maria Ausiliatrice in Cassina dé Pecchi
Dal 1995 al 1996 Rappresentante decanale nel Consiglio Presbiterale Diocesano per il decanato “Cernusco sul Naviglio”
Dal 1996 al 2004 Vicario parrocchiale presso la Parrocchia Mater Amabilis in Milano
Dal 2001 Assistente ecclesiastico presso la Confraternita di Misericordia di Milano – S. Ambrogio
Dal 2002 al 2014 Cappellano per la Polizia di Stato a Milano e presso il Centro di formazione linguistica
Dal 2004 al 2014 Residente con incarichi pastorali presso la Comunità Pastorale “S. Martino e SS. Nome di Maria” in Milano
Dal 2014 al 2015 Vicario presso la Comunità Pastorale “S. Martino e SS. Nome di Maria” in Milano
Dal 2015 al 2019 Vicario presso la Comunità Pastorale “S. Antonio Abate” in Varese
Dal 2019 al 2025 Parroco presso la Parrocchia SS. Redentore e S. Francesco in Sesto San Giovanni
(biografia da chiesadimilano.it)
A Don Fabio
Grazie Signore perché ci hai fatto incontrare don Fabio. Un incontro che sicuramente ha rappresentato una sfida per molti di noi. Un Parroco impegnato e impegnativo nelle relazioni uno a uno, capace di dire parole anche dure da digerire. Eppure ora che questa relazione si è interrotta, oggi sentiamo il vuoto lasciato da questo nostro fratello. Un uomo di Dio che noi abbiamo amato come abbiamo potuto, e lui ci ha amati come ha potuto.
Grazie Signore, per quel Don Fabio degli eventi eccezionali: con lui i passi più coraggiosi nel periodo Covid e post pandemico. Nell’anno Giubilare e con un nuovo papato di cui ci aveva spronato a fidarci, ha condiviso con noi proposte e progetti, non facendoci mai mancare le sue impressioni sulla Chiesa con la C maiuscola.
Grazie Signore, per quel Don Fabio che santificava le Feste: al centro di ogni celebrazione ed evento, la conoscenza delle sacralità era unita alla volontà di richiamare le tradizioni anche della sua storia personale. Per lui la storia della chiesa ambrosiana che amava sempre ricordare, e al contempo le tradizioni popolari e i piccoli gesti quotidiani della fede, da vivere ancora prima di capire fin dall’infanzia, erano segni di una Verità della fede che non tramonta mai. Ci richiamava con insistenza al dono dell’Eucarestia, centro e snodo imprescindibile per la nostra salvezza.
Grazie Signore, per quel Don Fabio cosi attento alla nostra casa da riparare. Gli investimenti da lui voluti guardavano a lasciarci una casa “stabile” anche nella concretezza dei giorni. I conti devono tornare, le opere devono durare. L’immagine più significativa di questo impegno è la sua instancabile esortazione a donare le monetine ramate. Non c’è tasca in cui non abbiamo frugato tutti alla ricerca di un piccolo mattoncino per rendere più solida e solidale questa parrocchia.
Vogliamo pensare che anche nella morte abbia voluto insegnarci qualcosa perché come, diceva lui, “anch’io morirò ma dopo di voi”… Non è stato così e forse lui lo sapeva, quasi a ricordarci che siamo nelle mani del Signore, che dobbiamo essere vigili, attenti, preparati come spesso lui ci richiamava a fare.
Caro Arcivescovo, poco meno di un anno fa Lei era in mezzo a noi ad ascoltare e in quell’occasione Le domandammo come calare il concetto di comunità in questi tempi “liquidi”, si ricorda? Oggi l’interrogativo è più che mai penetrante. Chiediamo alla chiesa cittadina di starci vicino in questo periodo di “discernimento di comunità”. Chiediamo alla nostra Diocesi di non dimenticarsi di noi, di pecore di un piccolo gregge che si sono ritrovate improvvisamente senza pastore: noi sentiamo il bisogno di un pastore presente fra noi, che ci accompagni da vicino nel cammino verso l’unico vero Buon Pastore.
Chiediamo alle istituzioni locali di riconoscerci e sostenerci nella missione di servizio al prossimo mai trascurata da don Fabio nell’obiettivo condiviso di mirare al bene comune.
Nel cuore di ciascuno di noi prevalga la speranza che sia fatta la volontà di Cristo, ed è per questo che rimettiamo nelle mani del Signore il progetto che Lui disporrà anche attraverso le nostre future azioni.
Il Consiglio Pastorale
OMELIA DELL’ARCIVESCOVO SUA ECC. MONS.
MARIO DELPINI ALLE ESEQUIE DI DON FABIO FANTONI
Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi
(Lc 22, 7 – 20, 24-30 – Sal 22 (23); Mt 27, 45-52; Gv 3, 23-32a)
Ecco perché vanno i preti; perché sono mandati.
Vanno anche se sono consapevoli di non essere all’altezza, di non essere adeguati, ma sono mandati e perciò vanno.
I preti avvertono una specie di vertigine nel considerare quel “come” di Gesù, che mette insieme la missione del Figlio con la loro missione di uomini fragili e peccatori, ma sono mandati e perciò vanno.
Vivono in una gioia commossa quando considerano che Gesù si fida di loro, che la loro missione è una chiamata alla comunione con Gesù, che possono svegliarsi ogni mattina e ringraziare del giorno che inizia perché è giorno di missione, missione con Gesù, missione perché la salvezza di tutti manifesti la gloria del Padre. I preti si rallegrano, dunque, di essere mandati.
Vanno perché sono mandati: talora i preti sono popolari, applauditi da tutti, ringraziati per quello che fanno e che dicono. Sono esposti, come tutti, alla tentazione di esaltarsi. Ma poi sono richiamati dal “come” di Gesù e cercano di praticare lo stile e i sentimenti di Gesù, eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
Vanno perché sono mandati: talora i preti sono impopolari, sono criticati da molti, circondati da ogni genere di pretese, umiliati dai confronti con gli altri che facevano questo e quello. Sono esposti, come tutti, alla tentazione di scoraggiarsi, di vivere di amarezza e di risentimento. Ma tengono fisso lo sguardo su Gesù che fa del suo corpo e del suo sangue un’offerta senza calcolo per la nuova alleanza e continuano a presentare il sacrificio della nuova alleanza, per continuare a dire a tutti quello che Dio vuole, quello che il Padre offre perché tutti siano salvati.
Non sono perfetti. Non sono al sicuro dalle tentazioni dei primi discepoli che discutevano chi di loro poteva essere considerato il più grande. Conoscono la tentazione dell’ambizione, dell’esibizione di titoli di vanto e di prestigio. Ma poi sono richiamati dal “come” di Gesù che umiliò sé stesso per essere obbediente fino alla morte, la morte umiliante della croce. Perciò i preti vanno, perché sono mandati.
Talora sono incoraggiati da un contesto favorevole, ma loro vanno perché sono mandati.
Alcuni dicono: “Non andate; cosa andate a fare? La gente, il mondo non hanno più bisogno di voi, La vostra parola è irrilevante. La gente di oggi ha tutto un altro modo di ragionare. Può fare a meno di Dio: figuriamoci se non può fare a meno dei preti”. Ma loro vanno, non perché sono attesi, ma perché sono mandati e sanno che c’è solo una parola di vita eterna, c’è solo una parola che perdona i peccati.
Alcuni dicono: “Non andate. Che vita è quella del prete? Sempre a farsi carico dei fastidi degli altri. Destinati a stare con tutti e a non essere di nessuno”. Ma loro vanno, non perché aspettino gratificazioni e contesti affettuosi e benevoli, vanno perché sono mandati.
Come tutti i preti desiderano stare bene, vivere sereni e perciò, come tutti, talora hanno paura. Hanno paura della malattia, del soffrire, del morire. Ma tengono fisso lo sguardo su Gesù, su quel buio che avvolge tutta la terra. E sono convinti che anche il morire così fa parte dell’essere mandati come Gesù. Perciò pregano anche loro come Gesù ha pregato e continuano a fare della loro vita un dono, perché per questo sono mandati.
Di don Fabio si può ricordare il suo ministero come Vicario a Cassina de’ Pecchi, a Milano, Mater Amabilis, nell’incarico di Assistente spirituale presso la Polizia di Stato, Correttore per la Misericordia, vicario a Milano S. Martino e SS. Nome di Maria, a Varese S. Antonio Abate e in questa parrocchia di Sesto San Giovanni, SS. Redentore e S. Francesco. Si possono ricordare le cose che ha fatto. Ma in sostanza si deve dire: è stato un prete. È andato perché è stato mandato. E perciò confidiamo che come ha servito la Chiesa in nome del Signore durante la sua vita terrena, possa ora partecipare della stessa gioia di Dio, in Cristo Gesù che l’ha chiamato e l’ha mandato e ora lo accoglie.
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